martedì 26 febbraio 2013

Antonio Breglia, giovane e promettente regista


Il suo debutto come regista attore e sceneggiatore ha suscitato l’entusiasmo degli spettatori. Giorni fa è stata presa in affitto la Sala Trevi, al centro di Roma, per invitare amici, parenti e conoscenti alla prima de Il corvo dei nostri tempi, che Antonio Breglia, 25 anni, ha scritto, diretto e interpretato ispirandosi a Il corvo, capolavoro noir del 1943 di Henri-George Clouzot: un’opera dalle tinte forti entrata nella storia del cinema.

Ma il film del giovane esordiente, girato nel parco di Villa Borghese, all’interno del Museo di Arte Moderna di Valle Giulia e a casa Breglia con attori non professionisti – anche se un po’ diverso da quello del maestro francese – è piaciuto davvero. Gli applausi sono stati sinceri. Per la storia ben raccontata e, se non altro, perché a realizzare la pellicola, dalla stesura del copione fino al montaggio, è stato un ragazzo down che il cinema ce l’ha nel cuore.
«Sin da piccolo Antonio ha coltivato questa grande passione – dice la mamma, Maria Rosaria Zincone – andando a vedere i film in prima visione insieme con il suo migliore amico Filippo...».
Ma come è nata questa pellicola? «Antonio aveva difficoltà di scrittura e allora abbiamo chiamato un esperto di informatica, Antonio Demma, per insegnargli a usare il computer: tra mio figlio e lui, un altro appassionato di cinema, è nata un’amicizia da cui in seguito è scaturito il progetto di fare il film». Perché Antonio ha scelto proprio Il corvo di Clouzot? «Ho visto la storia messa in scena dalla compagnia teatrale di mio fratello – dice il ragazzo – e mi è piaciuta molto, poi ho visto più volte il film... ma il finale era violento, mi sono arrabbiato e l’ho cambiato».
Un messaggio per tutti quelli che sono nelle sue condizioni, e per le loro famiglie. Antonio Breglia regista, attore e sceneggiatore, ha in animo di realizzare altri cinque film, ci dice. Il prossimo? Sarà probabilmente Giulietta e Romeo, ispirato alla trasposizione cinematografica del dramma shakesperiano che Franco Zeffirelli realizzò nel 1968: una tragica storia di amore e morte. Perché anche Antonio, ragazzo down, ha un messaggio forte da comunicare con la sua arte: «Le persone non muoiono mai del tutto: restano nel cuore di chi le ama».

Leggi l'articolo originale di Fulvio Fulvi

Fonte: www.avvenire.it

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