Il suo debutto come
regista attore e sceneggiatore ha suscitato l’entusiasmo degli spettatori.
Giorni fa è stata presa in affitto la Sala Trevi, al centro di Roma, per
invitare amici, parenti e conoscenti alla prima de Il corvo dei nostri
tempi, che Antonio Breglia, 25 anni, ha scritto, diretto e interpretato
ispirandosi a Il corvo, capolavoro noir del 1943 di Henri-George
Clouzot: un’opera dalle tinte forti entrata nella storia del cinema.
Ma il film del giovane esordiente, girato nel parco di Villa Borghese, all’interno del Museo di Arte Moderna di Valle Giulia e a casa Breglia con attori non professionisti – anche se un po’ diverso da quello del maestro francese – è piaciuto davvero. Gli applausi sono stati sinceri. Per la storia ben raccontata e, se non altro, perché a realizzare la pellicola, dalla stesura del copione fino al montaggio, è stato un ragazzo down che il cinema ce l’ha nel cuore.
Ma il film del giovane esordiente, girato nel parco di Villa Borghese, all’interno del Museo di Arte Moderna di Valle Giulia e a casa Breglia con attori non professionisti – anche se un po’ diverso da quello del maestro francese – è piaciuto davvero. Gli applausi sono stati sinceri. Per la storia ben raccontata e, se non altro, perché a realizzare la pellicola, dalla stesura del copione fino al montaggio, è stato un ragazzo down che il cinema ce l’ha nel cuore.
«Sin
da piccolo Antonio ha coltivato questa grande passione – dice la mamma, Maria
Rosaria Zincone – andando a vedere i film in prima visione insieme con il suo
migliore amico Filippo...».
Ma come è nata questa pellicola? «Antonio aveva difficoltà di scrittura e allora abbiamo chiamato un esperto di informatica, Antonio Demma, per insegnargli a usare il computer: tra mio figlio e lui, un altro appassionato di cinema, è nata un’amicizia da cui in seguito è scaturito il progetto di fare il film». Perché Antonio ha scelto proprio Il corvo di Clouzot? «Ho visto la storia messa in scena dalla compagnia teatrale di mio fratello – dice il ragazzo – e mi è piaciuta molto, poi ho visto più volte il film... ma il finale era violento, mi sono arrabbiato e l’ho cambiato».
Un messaggio per tutti quelli che sono nelle sue condizioni, e per le loro famiglie. Antonio Breglia regista, attore e sceneggiatore, ha in animo di realizzare altri cinque film, ci dice. Il prossimo? Sarà probabilmente Giulietta e Romeo, ispirato alla trasposizione cinematografica del dramma shakesperiano che Franco Zeffirelli realizzò nel 1968: una tragica storia di amore e morte. Perché anche Antonio, ragazzo down, ha un messaggio forte da comunicare con la sua arte: «Le persone non muoiono mai del tutto: restano nel cuore di chi le ama».
Ma come è nata questa pellicola? «Antonio aveva difficoltà di scrittura e allora abbiamo chiamato un esperto di informatica, Antonio Demma, per insegnargli a usare il computer: tra mio figlio e lui, un altro appassionato di cinema, è nata un’amicizia da cui in seguito è scaturito il progetto di fare il film». Perché Antonio ha scelto proprio Il corvo di Clouzot? «Ho visto la storia messa in scena dalla compagnia teatrale di mio fratello – dice il ragazzo – e mi è piaciuta molto, poi ho visto più volte il film... ma il finale era violento, mi sono arrabbiato e l’ho cambiato».
Un messaggio per tutti quelli che sono nelle sue condizioni, e per le loro famiglie. Antonio Breglia regista, attore e sceneggiatore, ha in animo di realizzare altri cinque film, ci dice. Il prossimo? Sarà probabilmente Giulietta e Romeo, ispirato alla trasposizione cinematografica del dramma shakesperiano che Franco Zeffirelli realizzò nel 1968: una tragica storia di amore e morte. Perché anche Antonio, ragazzo down, ha un messaggio forte da comunicare con la sua arte: «Le persone non muoiono mai del tutto: restano nel cuore di chi le ama».
Leggi l'articolo originale di Fulvio Fulvi
Fonte: www.avvenire.it
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