giovedì 19 gennaio 2012

Così ha abbandonato 300 persone Sulla nave anche disabili e bimbi



Alle 19.55 di ieri sera, quando arriva la notizia che Francesco Schettino può tornare a casa, si comprende che nell' inchiesta sul naufragio dell' Isola del Giglio ci sono altre responsabilità da accertare. Perché il comandante della nave Concordia ha certamente delle colpe, ma probabilmente non è l' unico. E allora bisogna ricostruire tutte le comunicazioni avvenute quella sera, con un' attenzione particolare alle disposizioni impartite dai suoi superiori della compagnia Costa. Bisogna scoprire quali «consigli» ricevette quando si consultò con Roberto Ferrarini che dell' azienda crocieristica è il responsabile dell' Unità di crisi e del controllo Flotta. Ma soprattutto è il manager che sentì per ben tre volte al telefono prima dell' evacuazione.
La decisione del giudice Valeria Montesarchio di non convalidare il fermo disposto dal pubblico ministero e di emettere un' ordinanza che concede all' indagato gli arresti domiciliari, apre comunque una frattura che ben si comprende ascoltando il commento del procuratore di Grosseto Francesco Verusio quando afferma: «Non capisco il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari. Sono curioso di leggere le motivazioni e domani insieme agli altri colleghi ne prenderemo atto». E da qui adesso si riparte, consapevoli che la catena di errori e omissioni compiute nella notte tra venerdì e sabato potrebbe essere frutto di decisioni collettive, anche alla luce della linea difensiva - a tratti paradossale e incredibile tenuta proprio da Schettino durante l' udienza di convalida che si apre proprio con la lettura delle contestazioni. Velocità e passeggeri abbandonati Nel provvedimento di fermo Schettino è accusato - in concorso con il primo ufficiale di plancia Ciro Ambrosi - di aver «agito con imprudenza, negligenza e imperizia superando la velocità di 15 nodi ancorché in prossimità di ostacoli, in modo da non poter agire in maniera appropriata ed efficace per evitare abbordaggi e per arrestare il natante entro la distanza adeguata alle circostanze e alle condizioni del momento e di aver in questo modo cagionato il naufragio». Davanti al giudice lui giura di aver fatto tutto il possibile per evitare problemi ai passeggeri ma poi è costretto ad ammettere di aver commesso degli errori. «Sono stato vittima dei miei pensieri», prova a giustificarsi quando si parla del «saluto» all' Isola del Giglio e gli viene chiesto come mai abbia deciso di passare così vicino alla banchina del porto. Ma poi conferma che era proprio Mario Palombo la persona che voleva salutare. «Effettivamente qualcosa è andato storto nella manovra - aggiunge - perché ho virato troppo tardi. Però posso dire che quella rotta era stata decisa sin dalla partenza, non c' è stata alcuna modifica durante il viaggio. Io navigavo a vista perché conoscevo quei fondali visto che ci ero già passato tre o quattro volte, ma la presenza di quello scoglio mi ha sorpreso. In ogni caso posso dire di aver fatto tutto il possibile per salvaguardare i passeggeri e i membri dell' equipaggio». E per cercare di dimostrarlo fornisce un altro dettaglio che ottiene l' effetto contrario, facendolo apparire un po' guascone: «Non indossavo il giubbotto di salvataggio perché serviva alle altre persone». L' accusa gravissima per chi è il responsabile della nave è quella di aver «abbandonato 300 persone incapaci di provvedere a se stesse e delle quali doveva invece avere cura». Il riferimento è ai disabili, ai bambini, agli anziani che erano a bordo della Concordia e che sono stati lasciati in balia degli eventi mentre «Schettino, nonostante quanto previsto dalla legge, non è sceso per ultimo». Una violazione pesante, ma soprattutto un' onta che il comandante ha provato ieri a spiegare con una ricostruzione difficilmente credibile: «Non avevo alcuna intenzione di scappare, stavo aiutando alcuni passeggeri a mettere in mare una delle scialuppe. Ad un certo punto il meccanismo di discesa si è bloccato, abbiamo dovuto forzarlo. All' improvviso il sistema si è riattivato e io, dopo aver sbattuto, mi sono ritrovato dentro la barca di salvataggio insieme a numerosi passeggeri». Una linea di difesa che appare alquanto strana se si tiene conto che su quella stessa scialuppa si sono ritrovati anche il secondo ufficiale Dimitri Ckristidis e il terzo ufficiale Silvia Coronica. Possibile che ci siano finiti per caso pure loro? Il narcotest e gli «ordini» superiori Schettino assicura che «risalire era impossibile». Nelle telefonate appare sotto choc, quasi in stato di alterazione. «Non bevo, non fumo e non mi drogo, fate quello che volete», assicura lui prima di accettare il narcotest che non era stato disposto al momento del fermo, così come il test alcolemico, nonostante sia previsto anche in caso di incidenti meno gravi, per esempio quelli stradali. Eppure sono davvero tante le «stranezze» nel suo comportamento di quella sera. Troppe. E allora è da lì che si riparte per comprendere se qualcuno possa averlo influenzato nelle scelte e che cosa abbia provocato una così grave sottovalutazione di quanto stava accadendo. In attesa dei tabulati telefonici che consentiranno di scoprire con chi abbia avuto contatti dal momento dell' impatto e quello dell' evacuazione, ci sono le registrazioni delle conversazioni avvenute in plancia e le testimonianze di chi era con Schettino e ne condivideva le mosse. Accertamenti compiuti dai carabinieri e dagli ufficiali della Guardia Costiera. Questa mattina, durante una riunione dei pubblici ministeri, si deciderà se formalizzare l' accusa di abbandono di nave nei confronti di Ckristidis e Coronica. Ma anche altri ufficiali di bordo rischiano il coinvolgimento nell' inchiesta visto che a causa del mancato coordinamento la Concordia è rimasta di fatto senza guida nonostante a bordo ci fossero ancora centinaia, forse migliaia di persone. E poi ci sono le «consultazioni» con i responsabili della compagnia Costa. Prima dell' evacuazione e il mancato ancoraggio La prima telefonata con Ferrarini è delle 22.05. Ne seguono altre due e alle 22.58 arriva l' ordine di evacuazione. Che cosa accade in quell' ora? Perché si perde tanto tempo prezioso? Schettino minimizza quanto accaduto, oppure viene invitato alla prudenza e a non dichiarare il mayday che potrebbe portare a gravi conseguenze sia dal punto di vista economico, sia per quanto riguarda il possesso futuro della Concordia? Sarà Ferrarini a doverlo spiegare, sulla base di quanto hanno dichiarato anche altri ufficiali che erano accanto al Comandante e ascoltavano le sue telefonate. E tenendo conto di un altro dettaglio sorprendente che Schettino è stato costretto ieri ad ammettere. Inizialmente il comandante aveva assicurato di aver ancorato poco dopo l' impatto con la scogliera. A smentire questa versione c' è però un filmato girato dagli ufficiali della Guardia di Finanza arrivati sul luogo del disastro appena dieci minuti dopo il disastro. Il video, allegato agli atti dell' inchiesta dura circa 40 minuti e dimostra come Schettino non avesse affatto bloccato la Concordia come aveva invece affermato nelle comunicazioni da bordo per dimostrare che la nave era ancora in asse. Il rumore delle ancore che vengono tirate giù si sente molto tempo dopo le sue rassicurazioni. Lo ha deciso autonomamente o invece qualcuno glielo ha suggerito? Ieri davanti al giudice il comandante ha ammesso di aver mentito su questo punto, ma sui suoi contatti con i responsabili di Costa è stato vago: «Non ricordo neanche se ho chiamato io o se lo hanno fatto loro». Lo diranno i tabulati. E poi saranno i manager a dover fornire ulteriori spiegazioni.

Fonte: Corriere della sera

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